Il Nome della Rosa, opera di Francesco Filidei con la direzione di Ingo Metzmacher e la regia di Damiano Michieletto

Per impostare il lavoro compositivo, Francesco Filidei si è chiesto innanzitutto quale sarebbe stato il percorso narrativo di Umberto Eco se fosse stato un musicista invece che uno scrittore. Per rispondere è necessario analizzare la struttura narrativa del romanzo per tradurla in drammaturgia musicale. Un nodo centrale è la relazione che il testo intrattiene con il romanzo popolare ottocentesco, soprattutto francese (Il conte di Montecristo, I misteri di Parigi), che Filidei estende all’opera popolare ottocentesca, soprattutto italiana (Don Carlos, Il trovatore). Eco stesso, spiega Filidei, indicò la strada da seguire quando nelle Postille al Nome della Rosa parla di «un libro che assumeva una struttura da melodramma buffo, con lunghi recitativi, e ampie Arie». Eco raccontò inoltre di aver compiuto un lavoro analogo a quello realizzato da Mahler nelle sue sinfonie (e in questo senso non si può non ricordare la sua amicizia con Berio e il Terzo Movimento di Sinfonia, gravitante intorno allo Scherzo della Seconda di Mahler). Filidei sviluppa quindi il suo discorso musicale come una struttura portante di tipo sinfonico su cui si innesta una successione di arie e recitativi, quasi forme chiuse, il cui materiale è derivato principalmente dalla variazione di melodie gregoriane. È la dimensione del sacro a giustificare il passaggio dalla parola al canto.

Drammaturgicamente l’opera, che ha la struttura di un autentico grand-opéra con oltre una quindicina di personaggi, sfrutta la struttura del romanzo, in cui i fatti sono sempre presentati de relato, per dare a ciascuno un’aria. Le riflessioni teologiche e filosofiche, inserite da Eco nel libro e difficili da tradurre in linguaggio teatrale sono riflesse nella costruzione formale di alcune sezioni del lavoro, attraverso madrigalismi e strutture leitmotiviche associate alle varie tematiche proposte.

Il Nome della Rosa è diviso in sette giornate, tre delle quali formano il primo atto e quattro (l’ultima è una chiusa di breve durata) il secondo. I due atti hanno forma simmetrica e le scene sono costruite ciascuna su una nota: do, do diesis, re bemolle, re, e poi specularmente fino a tornare al do. Ne consegue un’architettura formale rigorosa, ma anche la rappresentazione grafica di un labirinto, o dell’abbraccio dei petali: un’opera in forma di rosa

Questo il calendario delle cinque rappresentazioni: domenica 27 aprile, mercoledì 30 aprile, sabato 3 maggio, martedì 6 maggio e sabato 10 maggio, sempre con inizio alle ore 20.00. Un’ora prima dell’inizio di ogni recita al Ridotto dei Palchi è in programma una conferenza introduttiva tenuta da Liana Püschel.

Biglietti: da 26 a 215 euro + diritti di prevendita; per info e prenotazioni: 02 72003744.

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