Milano, 24/04/2020.
«Non mi risulta che dopo la peste gli ateniesi abbiano smesso di rappresentare tragedie, né che Pirandello si sia fatto troppo influenzare dalla spagnola per lanciare la novità del suo teatro: voglio dire che il futuro del teatro è il suo essere antico, primordiale. Possiamo cambiare la cornice, ma l'essenza è quella e ogni tanto va messa a fuoco». Ecco, in poche ma significative parole, il teatro del dopo Coronavirus visto da Fioravante Cozzaglio, direttore artistico del Teatro Carcano di Milano.
Fioravante Cozzaglio, insieme al co-direttore Sergio Fantoni, negli ultimi sei anni ha ridisegnato il teatro di corso di Porta Romana in Centro d'Arte Contemporanea, dando vita a progetti nei quali la cultura di nicchia andava di pari passo con quella pop. Sergio Fantoni non vedrà riaprire il suo Carcano: se ne è andato improvvisamente lo scorso 17 aprile: «Ho condiviso con Sergio venticinque anni di vita, tanti in assoluto, tantissimi in teatro, un mestiere dove si divorzia spesso e volentieri. Noi non abbiamo divorziato perché eravamo molto diversi e abbiamo trovato forza e complicità in questo essere diversi e complementari», ricorda Cozzaglio, che continua: «Quando l'ho incontrato la prima volta non mi è parso l'uomo tormentato che mi avevano descritto: conoscendolo ho capito che aveva imbrigliato passione e tormenti e che li faceva affiorare con grande pudore. Del mestiere sapeva tutto, dell'attore aveva conquistato il primato con grande studio e intelligenza. La consapevole costruzione della sua vita è un manuale da far studiare nelle scuole di teatro. Ma la qualità che preferivo, e che spero ci accomunasse, era la sua grande onestà e coerenza intellettuale. Per questo soprattutto credo che fosse amato e rispettato» (leggete il ricordo di Sergio Fantoni scritto da Fioravante Cozzaglio).
Quello che stiamo vivendo è un tempo lento fatto di ricordi, di solitudine, senza dubbio di incertezza nei confronti del futuro: «Ogni crisi porta con sé la fine dell'inutile, la necessità del rimedio e la messa a fuoco di nuove prospettive. Osservo che nel mondo del teatro il dibattito è già molto vivo, sicuramente porterà a qualche interessante novità».
Oggi, in piena chiusura, alcuni teatri di Milano hanno attivato web tv o spettacoli on demand per non perdere il contatto con il loro pubblico: come si sta comportando il Teatro Carcano in questo senso? «Ci sono state molte polemiche sull'uscita di Franceschini sul teatro a pagamento, stile Netflix. A me è sembrata più uno slogan, magari efficace, che una proposta meditata: se l'intenzione è quella di sostituire, anche se temporaneamente, gli spettacoli dal vivo con spettacoli on demand a pagamento non regge, né sul piano aziendale (chi paga la costosa materia prima? Quale è la reale appetibilità in un mondo in cui sul web si trova di tutto gratuitamente?), né sul piano filosofico: lo spettacolo dal vivo è dal vivo per definizione. Come dice Massimiliano Civica: Quale è la forma migliore di un futuro teatro in streaming? C'è già, si chiama cinema. Se invece si pensa a recuperare e intensificare forme di teatro e di promozione televisiva, sono totalmente d'accordo. Quando è ben fatto, il pubblico ha sempre dimostrato di gradire questa forma di spettacolo. Il Carcano non ha un archivio sufficiente su questi sei anni di attività per fare una campagna di diffusione degli spettacoli passati, per cui abbiamo deciso di accompagnare il pubblico, sulla pagina Facebook del Teatro Carcano, tenendolo informato su quanto avviene davanti e dietro le quinte».
Ma qual è il futuro del teatro in Italia, e cosa pensa Fioravante Cozzaglio della digitalizzazione degli spettacoli dal vivo per il teatro del prossimo futuro? «In prospettiva, se questa crisi ci costringe a uscire dall'abitudine un po' stanca di riprendere gli spettacoli per l'archivio o per contingenti episodi di vendita a basso costo, ben venga anche la crisi: mentre non credo alla trasformazione del teatro dal vivo in un'altra cosa; penso che estendere la capacità di informazione e di formazione del teatro sia, per il nostro futuro, quasi indispensabile. Questo comporterà dei costi importanti, perché la formazione-informazione non si fa con due telecamere amatoriali. In Europa è normale farlo, ma in Europa il teatro gode di un'economia ben più importante della nostra».
«Il teatro è come l'amore», conclude Fioravante Cozzaglio, «una cosa primaria, primordiale, necessaria: si può fare in luoghi e ambienti diversi, ma l'essenza è la vicinanza dei corpi e delle anime. Come si fa a non sentirsi uniti?».
Di Francesca Baroncelli