Milano, 23/09/2019.
Quando la definizione di tempio gastronomico diventa quasi letterale. In viale Jenner a Milano, un ex ristorante asiatico con menu a prezzo fisso ha cambiato completamente il suo volto e la sua offerta: oggi il 168 Chinese Township è a tutti gli effetti il ristorante fusion più grande di Milano, una sorta di Chinatown in miniatura racchiusa.
Ben visibile già dalla strada, all’esterno si presenta con la sua sagoma da pagoda; varcato l’ingresso troviamo invece all’interno un locale imponente e labirintico, in cui scegliere la differente esperienza gastronomica da affrontare. Il salone principale è un patchwork di stili e ambienti diversi: dai privè, con sfarzosi tavoli imperiali, alle nicchie laterali, con divani in pelle e maschere etniche, fino alle zone centrali rialzate, dallo stile più contemporaneo e di design.
Ancora aree bar e sale private che possono ospitare da 10 a 200 persone (rigorosamente attrezzate anche per il karaoke, per un’asian experience al 100%). Anche il menu è diviso in sezioni, 8 per la precisione, per accontentare il palato alla ricerca anche dei sapori più estremi, per un totale di oltre 500 piatti, con ricette provenienti soprattutto dal sud-est della Cina, dalla regione del Canton e con influenze di Hong Kong.
Superata la sconfinata cucina a vista, si arriva così all’area dedicata all’hot pot, la tipica fonduta cinese con cui si cuociono differenti tipologie di carne (dai 5 euro del prosciutto cinese ai 22 euro del Ribeye argentino), interiora (dai 4,5 euro del sangue d’anatra ai 7,5 euro della gola di Scottona), pesce (dai 5 euro delle cozze ai 22 euro del rombo), tofu (dai 3 euro del tofu secco ai 4,5 per quello fritto) e verdure (dai 2,5 delle patate ai 6,5 dei funghi cinesi).
C’è poi un’ampia scelta di dim sum, da quelli di maiale alla piastra con cipollotto e zenzero (5 euro) agli Shao mai di granchio (6 euro); di antipasti, dalla lingua di maiale (6 euro) al calamaro croccante (8 euro); di pasta e riso, come gli spaghetti saltati con oca (12 euro piccola, 22 euro grande) e il riso saltato con ananas (8 piccola, 16 grande). Ancora gli arrosti, di manzo (10 euro) o maiale (12 euro); le zuppe, di anatra e ginseng (6 euro) o zucca amara (6 euro); i crudi e i piatti di pesce, da quattro scampi raw (14 euro) al branzino al vapore (42 euro).
Infine le cosiddette pentole e le specialità degli chef, ovvero i piatti forti della casa: le puntine di maiale (22 euro), la zuppa di melone d’inverno (26 euro), i funghi alla menta (10 euro) e tanto altro. La carta dei vini è ampia e, bevande escluse, il prezzo medio per una cena è di 35 euro a persona.
Di Simone Zeni