Dal 23 al 26 marzo 2023, nell'ambito della rassegna #DonneTeatroDiritti, il Pacta Salone di Milano ospita lo spettacolo Made in Ilva, con Nicola Pianzola e la regia di Anna Dora Dorno (produzione Instabili Vaganti).
Definito dalla critica un capolavoro di teatro fisico, un esempio di biomeccanica contemporanea, Made in Ilva è un assolo in cui l’attore interpreta un operaio, archetipo del lavoratore contemporaneo, che agisce ingabbiato in strutture metalliche compiendo azioni ripetitive e acrobatiche che lo portano all’alienazione.
Made in Ilva trae ispirazione dal diario di un operaio dell’Ilva di Taranto e dalle testimonianze di alcuni operai, intervistati dalla compagnia che lavorano nella stessa fabbrica, per incontrare i testi poetici di Luigi Di Ruscio e Peter Shneider. La trasposizione artistica fa riferimento alla vicenda reale dell’acciaieria più grande d’Europa che condiziona la vita dell’intera città di Taranto e dei suoi lavoratori intrappolati tra il desiderio di evadere e fuggire dalla gabbia d’acciaio incandescente e la necessità di continuare a lavorare per la sopravvivenza quotidiana in quell’inferno di morti sul lavoro e danni ambientali.
Lo spettacolo è il frutto di un accurato lavoro di ricerca e di sperimentazione fisica e vocale sul rapporto tra organicità del corpo e inorganicità delle azioni legate al lavoro in fabbrica attraverso il quale emerge una critica all’alienante sistema di produzione contemporaneo che trasforma l’essere umano in una macchina artificiale, un corpo allo spasmo che si muove per reagire al processo di brutalizzazione imposto dalla società. L’attore spinge il proprio corpo all’estremo attraverso funamboliche sospensioni, azioni acrobatiche e ripetitive, interagendo continuamente con suoni che diventano ritmi ossessivi e che si trasformano in musiche eseguite dal vivo, in cui le note si intrecciano col canto di una voce femminile che gli ordina Lavora! Produci! Agisci! Crea!. Egli pone il suo rifugio in una scena composta da strutture metalliche, resa cangiante dall’uso di video-proiezioni che rievocano il contesto della fabbrica, delle numerose fabbriche che ancora esistono come fantasmi di un’epoca moderna ormai trascorsa. Immagini e suoni popolano i suoi sogni, come residui archeologici che si trascinano ancora in vita, come agonizzanti, nella memoria e nei ricordi ossessivi di chi ancora oggi lavora in simili luoghi.