Carlo Mollino, figlio unico dell’ingegnere Eugenio Mollino, nasce nel 1905 a Torino dove compie i suoi studi. Nel 1925 si iscrive alla facoltà di Ingegneria e, dopo un anno, si trasferisce alla Regia Scuola Superiore di Architettura dell’Accademia Albertina di Torino, in seguito divenuta facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, dove si laurea nel luglio del 1931. Architetto e designer, progettista e pilota di aeroplani e di auto da corsa, scrittore, fotografo. Ottimo sciatore, diventa nel 1942 maestro di sci e nel dopoguerra Presidente della Commissione delle scuole e dei maestri di sci della F.I.S.I. nel 1951 scrive il trattato Introduzione al discesismo dalle cui pagine emerge appieno tutta la sua personalità inquieta, fantasiosa, ingegneristica. Dopo avere pubblicato nel 1948 i volumi Architettura, arte e tecnica, nel 1953 vince il concorso a Professore ordinario e ottiene la cattedra di Composizione architettonica, che conserva fino alla morte. Nel 1957 partecipa al Comitato organizzativo della XI Triennale di Milano. Muore improvvisamente nell’agosto 1973 nel suo studio.
La mostra si snoda come un arcipelago in dieci isole-capitoli distribuiti nei vari livelli del Foyer, che introducono alla leonardesca complessità dell’architetto e dell’uomo e, ovviamente, a quello che è considerato il capolavoro della sua vita, il nuovo Teatro Regio, concluso in coincidenza della scomparsa del suo autore.
Sin dall’atrio esterno si percepisce qualcosa di nuovo: su ognuna delle dodici porte di ingresso al Teatro è posto un segno zodiacale realizzato di neon. Il senso nelle parole dei curatori Fulvio e Napoleone Ferrari: «il Teatro accoglie al mondo dell’arte, ed esattamente come siamo stati accolti in questa nostra vita sotto gli auspici di un segno zodiacale, Mollino ci accoglie alla vita dell’arte che nasce nel suo Teatro con dodici varchi. Con questo segno, fin da subito, è resa sorprendente l’unicità della sua architettura».
Dieci capitoli, dieci “canti” narrano la sua biografia, il suo Teatro, la professione, i mobili milionari, le fotografie, le acrobazie aeree e quelle sugli sci, le auto da corsa, la moda e, infine, la filosofia che ha influenzato la sua vita. I materiali in mostra sono organizzati su piattaforme trigone a spigoli arrotondati, “galleggianti” a 20 cm di altezza dal pavimento, così da permettere una chiara visione dall’alto di disegni, libri, fotografie e oggetti esposti.
È estremamente complesso rendere la profondità delle voci che “cantano”, per usare una metafora teatrale, nell’architettura del Regio: Piranesi, Man Ray, Dalì, Guarini, l’uovo cosmico, il corpo femminile. Con una video-installazione realizzata dall’artista Donato Sansone si rappresentano in maniera semplice, con un continuo e ipnotico fluire di forme che si trasformano dal corpo femminile al corpo del Teatro, dalle scale di Piranesi alle passerelle del Regio, le relazioni visive che legano i mondi citati con il poliedrico interno del Teatro.
La sala del Regio, unica al mondo, si può ammirare nella prima rappresentazione tridimensionale: il modellino in gesso in scala 1:33 realizzato nel 1966 per effettuare le prove acustiche, interamente restaurato per l’occasione dal laboratorio Montanaro di Torino e arricchito da una suggestiva illuminazione interna. L’illuminazione della sala, la celebre “Nuvola” realizzata da Gino Sarfatti, è al centro di una installazione che esalta il fenomeno di rifrazione della luce prodotta da migliaia di steli.
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