Dal 2 al 5 maggio al Teatro Astra va in scena lo spettacolo Sid (fin qui tutto bene). Torrenziale monologo in forma di concerto hip hop, Sid (fin qui tutto bene) è liberamente ispirato ad Alì il magnifico di Paul Smail.
Alberto Boubakar Malanchino è adrenalinico interprete di un racconto urbano, ma anche di frontiera, nei panni di un giovane figlio della periferia, che, per rincorrere il sogno del successo ha intrapreso la via sbagliata, quella della violenza, e ora si ritrova a fare i conti con il proprio passato.
Sid. Italiano. Origini algerine. Quindici anni. Forse sedici, forse diciassette. Veste sempre di bianco, perché il bianco è il colore del lutto per i musulmani. Vive come uno dei tanti ragazzi di una delle tante periferie dell’Occidente. Vive nel mondo drogato della società dello spettacolo. Per uscire dalla disperazione e dalla noia di nascosto legge, ascolta musica, vede film. Recita. Recita sempre. Fino a dimenticare di essere Sid. Colleziona sacchetti di plastica, di carta, di tessuto, di materiale biodegradabile. Tutti, rigorosamente, firmati. Bello, intelligentissimo, raffinato lettore, perfettamente padrone delle più sottili sfumature della lingua. Ha ucciso. Probabilmente per noia. Sicuramente per uno scopo più alto. Uccide soffocando le sue vittime nei sacchetti di plastica alla moda. La sua storia è un film “senza montaggio”, un torrenziale monologo che è un concerto hip hop suonato dal vivo: scorrono schegge di vita, di bullismo, di consumo, di ragazzi annoiati, dei fuck you, di canne, droga, desolazione, di vagabondaggi nei “templi del consumo”.