Manon Manon Manon, il progetto al Teatro Regio di Torino

Il progetto Manon Manon Monon

Pubblicato per la prima volta nel 1731 come Histoire du Chevalier des Grieux et de Manon Lescaut, ultimo capitolo della ampia opera dell’abate Prévost, Mémoires et aventures d’un homme de qualité, il romanzo narra la storia d’amore travagliata tra un giovane studente divenuto cavaliere, Des Grieux, e l’affascinante e volubile Manon Lescaut. Nella storia vengono esplorati temi universali come amore, desiderio, ambizione e le conseguenze che derivano dalle scelte dei suoi protagonisti. Le trame delle opere di Auber, Puccini e Massenet sono basate su questo romanzo e ognuna di esse offre un’interpretazione unica sulla storia d’amore, con vocaboli musicali e prospettive narrative differenti. 

Punto di partenza del regista Arnaud Bernard è innanzitutto una domanda: «Chi sono le nostre Manon? La Manon di Prévost è piuttosto avventurosa, ma è anche una donna libera che scopre il vero amore solo tardi. Per Auber sarà un uccello in trappola, per Massenet una donna alla ricerca di sé stessa, per Puccini una donna libera e ribelle. È l’unione di tutte le Manon che fa Manon, e rappresentare le tre Manon insieme è il punto centrale di questa impresa colossale. Tutte le Manon si allontanano e si avvicinano alla loro sorella maggiore letteraria, nessuna le è fedele e nessuna la tradisce. Le tre opere sono autonome e si reggono nella loro indipendenza, ma sono le differenze ad alimentarsi a vicenda e occorre dunque un prisma comune attraverso il quale guardarle tutte e tre. Da qui l’idea, ma soprattutto la necessità, di pensare a Manon come Manon Manon Manon ovvero uno spettacolo in tre serate con un filo conduttore che le accomuna: il cinema. Meglio ancora tre epoche simbolo del cinema francese». 

Per Puccini il punto di vista sarà quello del “realismo poetico” del cinema francese anni Trenta, quello de Il porto delle nebbie, di Amanti perduti, L’angelo del male, il cinema di Jean Gabin e Michèle Morgan che romanticizza e mette in risalto le questioni drammatiche.

Per Massenet saranno Brigitte Bardot e la Parigi anni Sessanta dell’emancipazione femminile, BB anticonformista e fatale, con i suoi atteggiamenti disinvolti, il suo lato selvaggio, il carattere ribelle, emblema della tentazione e del peccato.

L’estetica del cinema muto sarà invece la chiave per interpretare al meglio la Manon di Aubert, la più delicata, la più fragile, la più “vecchio stile” delle tre Manon. Sarà l’occasione per ricordare non solo Georges Méliès, ma anche Alice Guy, una donna praticamente sconosciuta che fu senza dubbio la prima regista donna della storia del cinema. «La Manon di Aubert – spiega Bernard – costituirà il legame tra il nostro progetto e Torino, la città dove è nato gran parte del cinema italiano, la città che ha lanciato produzioni di fama internazionale. Torino che possiede uno dei musei del cinema più belli in assoluto».

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