Torino, 22/01/2019.
Come ogni gennaio, anche quest’anno è stato reso noto da Legambiente il ricco dossier Mal’aria 2019, che fotografa la situazione dell’inquinamento atmosferico in Italia nel 2018. Un anno da codice rosso per la qualità dell’aria, segnato a Torino dal ripetersi dei blocchi del traffico a causa dell’elevata presenza di inquinanti, come ha recentemente sottolineato a Mentelocale il Comitato Torino Respira e come evidenzia da anni Luca Mercalli.
Com’ è noto – esordisce il dossier - la qualità dell’aria negli ambienti urbani è tra le maggiori criticità: elevate concentrazioni di sostanze inquinanti sono misurate nei mesi invernali (materiale particolato) e durante i mesi estivi (ozono), con conseguenze ormai ben note a livello sanitario. Per alleviare queste pressioni sull’ambiente causate dalle attività antropiche è necessario agire sulle cause che sono preminenti e tra queste i trasporti e la mobilità sono tra quelle più rilevanti.
Con queste parole l’ISPRA sintetizza quella che è una delle problematiche ambientali principali nel nostro Paese, ovvero l’inquinamento atmosferico (XIV Rapporto Qualità dell’ambiente urbano – Edizione 2018). Il rapporto annuale dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), redatto nel 2018 con dati aggiornati al 2015, ricorda invece come ogni anno in Europa siano oltre 422.000 le morti premature all’anno per inquinamento atmosferico e l’Italia, purtroppo, si colloca tra i paesi europei peggiori, con più decessi in rapporto alla popolazione, pari a più di 60.600 nel solo 2015.
Gli inquinanti più pericolosi, com’è ormai noto da diversi anni, sono il particolato sottile (PM 2,5) e gli ossidi d’azoto (NOx), entrambi originati in citta soprattutto dal traffico, e l’ozono troposferico, un inquinante secondario spesso sottovalutato ma che, oltre ai danni ambientali sul patrimonio naturale e l’agricoltura, causa ogni anno in Europa oltre 17.700 morti premature (3.200 solo in Italia).
Ma qual è la situazione italiana? Sono ancora troppe, secondo Legambiente, le città italiane periodicamente colpite dall’inquinamento atmosferico. Un’emergenza costante nel nostro Paese non più giustificabile con le avverse condizioni meteo-climatiche della pianura padana o legate alla sola stagionalità invernale come spesso i cittadini sono indotti a credere.
Spazio quindi ai numeri che forse, più di misure emergenziali, protocolli padani e blocchi del traffico, sono in grado di restituire la gravità della situazione. Nel 2018 in ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono). In 24 dei 55 capoluoghi il limite è stato superato per entrambi i parametri, con la conseguenza diretta, per i cittadini, di aver dovuto respirare aria inquinata per circa 4 mesi nell’anno.
Capofila delle città che nel 2018 hanno registrato il maggior numero di giornate fuorilegge è Brescia, seguita da Lodi, Monza, Venezia, Alessandria (136 giornate), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo e Cremona (127) e Rovigo (121). Tutte le città capoluogo di provincia dell’area padana (a eccezione di Cuneo, Novara, Verbania e Belluno) hanno superato almeno uno dei due limiti.
Per quanto riguarda il Pm10, il primato torinese è di certo poco encomiabile. Legambiente segnala infatti al primo posto le centraline di Torino (Rebaudengo) con 87 giorni di sforamento, a cui seguono per il solo Piemonte Alessandria (D’Annunzio) con 59 e Asti (Baussano) con 57, tutte e tre tra le città più critiche del 2018 per le polveri sottili.
L’ozono troposferico viene spesso ritenuto un “inquinante dimenticato”, dato che si forma d’estate, nelle zone rurali e attraverso reazioni chimiche da gas precursori emessi principalmente in ambienti urbani. Ma secondo i dati Ispra, «dopo il particolato, l’ozono è l’inquinante atmosferico che, per tossicità e per i livelli di concentrazione che possono essere raggiunti, incide maggiormente sulla salute umana. Può causare seri problemi anche all’ecosistema, all’agricoltura e ai beni materiali». Maglia nera piemontese ad Alessandria in fatto di ozono, perché nella tabella he riassume i 53 capoluoghi di provincia che hanno superato il limite di 25 giorni di emissioni superiori ai limiti nel 2018, il capoluogo piemontese si classifica all’ottavo posto.
Il dossier sottolinea con ricchezza di dettagli come il contributo all’inquinamento sia determinato da diverse interazioni tra sorgenti differenti (traffico, riscaldamento, industrie e agricoltura su tutte), e come spesso ogni singola città abbia delle peculiarità che ne peggiorano lo stato. Tuttavia, un dato accomuna secondo Legambiente tutte le città: l’assenza, ormai non più sostenibile, di misure strutturali capaci di abbattere drasticamente le concentrazioni di inquinamento presenti e, di conseguenza, di riportare l’aria a livelli qualitativamente accettabili.
Per tornare a respirare, si scrive sul dossier Mal’aria 2019, le città hanno bisogno di ridurre con decisione il traffico motorizzato privato e di cambiare la mobilità. Cambiamento di mobilità e di stili di vita che in Italia stentano a partire con 38 milioni di auto private per un tasso di motorizzazione tra i più alti d’Europa