Torino, 22/03/2019.
Ci sono due abbracci all’interno dei quali si sviluppa una storia italiana. Il primo è quello di Domenico Modugno, sul palco di Sanremo nel 1958, l’altro è quello di Paolo Rossi nel 1982, in quella «notte di Madrid» che valse il Campionato del mondo di calcio alla compagine azzurra. Dentro questo intervallo temporale c’è la storia di un Paese che ha saputo raccontarsi attraverso la musica, quella «d’autore», che è al centro della mostra Noi… non erano solo canzonette, ospitata dal 22 marzo al 7 luglio alla Società promotrice di Belle arti di Torino.
Curata da Gianpaolo Brusini, Giovanni De Luna e Lucio Salvini, la mostra, che si fonda su una selezione di 100 opere musicali italiane, ha visto la collaborazione di Fabri Fibra, Giorgio Olmoti e Omar Pedrini. Le aree tematiche sono 12, dalla grande immigrazione interna verso il Nord della nazionale al «disimpegno» degli anni Ottanta. In mezzo ci sono il consumismo, rappresentato da Carosello, o l’emancipazione femminile, identificata con il brano Pensiero stupendo. Le fotografie in mostra, che in buona parte arrivano dall’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo, si accompagnano alla musica prevista nelle varie sale espositive, fruibile attraverso la filodiffusione o le cuffie, fino agli speaker direzionali e ai filmati d’epoca.
È insomma una «mostra musicale» che cerca di raccontare la storia d’Italia nel periodo che va dal boom economico al «benessere» degli anni ’80, attraversando le fasi più calde del Dopoguerra. Si aggiungono, poi, delle opere video in arrivo dalle Teche Rai e dall’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea, con lavori di Michelangelo Antonioni, i fratelli Taviani, Bernardo Bertolucci, Dino Risi e Ermanno Olmi, fra gli altri.
«Ascoltare, anche a distanza di molti anni, una canzone che si è fusa con un momento significativo della vita – spiega Gianpaolo Brusini nell’introduzione al catalogo – rievoca i ricordi e questi, a loro volta, le emozioni». Ed è così che attraverso i brani più celebri si rievocano anche i momenti storici. «Sono stati anni tumultuosi, ricchi di eventi, affollati di lacrime e sorrisi», aggiunge Giovanni De Luna. «Così come Modugno con Volare ha dato il via al cambiamento – rileva Lucio Salvini – i cantautori hanno costretto tutti a un linguaggio diverso, meno banale. Dopo di loro nulla sarebbe stato come prima».
Di fatto il periodo preso in esame dalla mostra rappresenta un cambiamento centrale nella cultura italiana, che dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale, mossa dal boom economico, ha ricostruito una propria narrazione e una propria peculiarità. Non senza difficoltà, non senza spargimenti di sangue. Ma è anche questo un segno del fermento ideologico – che poi si è tradotto anche una fiorente produzione culturale – che ha attraversato il Paese.
L’allestimento della mostra è stato curato da Francesca Seminatore, con le installazioni audio-video di Daniele Perrone (Audio Conika) e la progettazione di Politecna Europa. La parte didttica, invece, è stata messa in piedi dall’Istituto Piemonte per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea, con cinque laboratori: Le canzoni dei “giovani”, I consumi, L’emigrazione, Le “nuove” donne e La violenza politica.
Di Paolo Morelli